RIBELLIAMOCI AGLI STEREOTIPI – 6 maggio 2010

RIBELLIAMOCI AGLI STEREOTIPI

“Chi dice donna dice danno” è uno dei proverbi popolari sempre attuali: anche se detto in tono scherzoso, rivela il concetto che c’è ancora sulla donna. Che comunque risale alla tradizione secolare. “Adamo è stato condotto al peccato da Eva, non Eva da Adamo” disse Sant’Ambrogio. E fin dai tempi antichi noi siamo sempre state solo “le costole di Adamo”. Poi per una valorizzazione del nostro ruolo siamo diventate “gli angeli del focolare”.

Le parole usate nel linguaggio comune sono state spesso forme di discriminazione: lui “scapolo”, parola che suscita simpatia, lei “zitella”, parola con un significato umiliante… (ora per fortuna prevale l’inglese “single”…). E forme di classificazione: la parola “massaia” al maschile non esiste.
Il linguaggio rischia di trascinarsi dietro la zavorra culturale di una tradizione storica non favorevole all’autodeterminazione femminile. Anche se la realtà nel frattempo è cambiata, gli stereotipi di genere resistono, e hanno conseguenze sul modo di agire e sulla società. La “donna mamma e moglie” fatica non poco a far comprendere che le proprie aspirazioni e attitudini non si limitano al ruolo materno e alla cura dei propri familiari.

Gli stereotipi agiscono fortemente per esempio nel mondo della politica, quello in cui la disparità è forse più clamorosa e resistente. La donna in politica non è considerata al pari dell’uomo. Anche nelle parole. Infatti nella comunicazione quotidiana si parla di ‘sindaco, ministro, assessore’,… pur se si tratta di una donna: i titoli delle cariche politiche non sono declinati al femminile. E’ un oscuramento linguistico non privo di significato!

Ma veniamo al punto più pesante. Nell’attuale società, e in politica, agiscono molto di più ora i nuovi stereotipi, i modelli sessisti offerti dai media. Il Ministero delle Pari Opportunità affidato alla Carfagna è un simbolo di questo: senza scendere a valutazioni politiche, è noto a tutti che Mara Carfagna era una seducente showgirl, ed è stato il suo ruolo di bella donna ad avere avuto la prevalenza per la sua nomina.

Le qualità giudicate utili per gli show pubblicitari si trasformano in doti essenziali (politiche o di carriera), producendo indecenti confusioni di valori e di talenti. Un modello televisivo della donna che trova sempre più seguito. Le donne, anche quando intelligenti, devono soprattutto apparire, essere oggetto di attrazione.
È il nuovo stereotipo sessista, che si sta imponendo.
È quasi un’imposizione di marketing.

La visione umiliante ed offensiva della figura femminile cancella l’identità della donna nella cultura del nostro paese.
Dobbiamo insorgere contro questi stereotipi.
Liberarci dai condizionamenti, ottenere la nostra libertà di scelta, il diritto all’autodeterminazione: è questa la prima parità che dobbiamo raggiungere.

6 maggio 2010

 

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